Mentre si
diffondono via internet e facebook appelli e messaggi: No alla riforma
Giannini. No alle 36 ore! I gessetti si sono rotti! Ed un
accorato: Salviamo la scuola pubblica! sarà forse il caso di
rivedere la questione e puntualizzare alcuni aspetti che meritano
particolare attenzione.
Dalle nuove dichiarazioni del sottosegretario ingegner Roberto Reggi,
lo spauracchio delle 36 ore lavorative sembra rientrato, ma non appare
corretta l’espressione adoperata nel documento di protesta: “ L'orario
di lezione settimanale dei docenti italiani, che non teme confronti con
quello svolto dai docenti negli altri paesi, è intangibile in quanto
connaturato alla specificità lavorativa dell'insegnamento”.
Nulla può ritenersi intangibile, né tanto meno oggi in cui si vive di
precarietà e di provvisorio.
L’insegnante è chiamato a svolgere bene il suo lavoro e se delle 18 ore
canoniche alcune non sono fruttuose, occorre intervenire per renderle
tali. Non certamente con le costrizioni formali dei falsi recuperi di
presenza in sala dei professori, ma mediante una progettualità
operativa che impegna e gratifica professionalmente gli operatori per
il bene degli alunni.
Le “supplenze di carta”, quando la docente arriva alle 11 per mettere
la firma, perché a quinta ora c’è un’attività in aula magna, sono uno
spreco, intanto i ragazzi hanno perso le prime tre ore di lezioni che
sarebbero state utili ed efficaci se condotte da una docente di classe.
Tra le proposte connesse all’organico funzionale, più volte abbiamo
lanciato la proposta di avere il “supplente stabile” che avrebbe
garantito una continuità di presenza, secondo un progetto di scuola,
assicurando al docente, pur nella precarietà una continuità di
servizio e di punteggio.
Per risolvere la questione delle supplenze ci si chiede spesso
se debba prevalere il rendimento scolastico o l’incremento della
formale occupazione lavorativa. Credo che la prima soluzione sia
prioritaria.
In merito alla “campagna di propaganda governativa denigratoria contro
gli insegnanti” la soluzione non appare soddisfacente se si riduce ad
una difesa della categoria e non si costruisce una nuova identità del
docente esperto e competente, disponibile e professionale.
L’apertura della scuola anche oltre le ore di lezioni va considerata
una presenza di servizio ed un’opportunità per ragazzi e per il
territorio. Una scuola capace di coinvolgere studenti e genitori anche
extra scuola si rivela viva, dinamica e ben accolta dalla gente, vera
presenza culturale e spazio di creatività e di sviluppo.
Quello che manca sono le risorse aggiuntive che vanno assegnate a chi
lavora di più che non dovrebbero restare “pochi”, ma dovrebbero essere
in tanti nel contribuire a rendere la scuola bella, piacevole dove si
sta bene e si cresce in qualità.
Se si teme, come si afferma nel documento di “mettere i genitori contro
gli insegnanti, gli insegnanti in competizione gli uni contro gli altri
con l'intento di arrivare a un contratto di bassissimo profilo con una
riconferma delle basse retribuzioni e con aumenti dati a pochi” vuol
dire che la mentalità del fare poco e male non è stata anche
ancora rinnovata.
I genitori saranno felici di poter affidare i propri figli a docenti
competenti ed esperti educatori, i docenti cooperando insieme nella
didattica potranno crescere in professionalità, gli studenti verranno
volentieri a scuola e vedranno gratificati i loro sacrifici e l’impegno
nello studio. La logica di fondo non dovrebbe essere il risparmio,
bensì la qualità delle prestazioni.
Rendere efficace il tempo scuola, rendendolo produttivo “tempo di
apprendimento” potrà essere una soluzione ottimale di riduzione del
ciclo scolastico, ma non per risparmiare, bensì per migliorare il
servizio. Dare l’opportunità ai ragazzi bravi di svolgere un percorso
di potenziamento efficace attraverso una didattica intensiva e compatta
non toglie nulla, anzi potenzia e motiva ancor di più lo studio e
l’impegno. Se il tutto si può concludere in quattro anni ben venga,
utilizzando il quinto anno come avvio funzionale al percorso
universitario, che implica scelte orientative più responsabili e
provoca non poco disorientamento e confusioni.
Fare la rivoluzione, abbattere e distruggere ”i cantieri”,
proclamare scioperi di opposizione preconcetta, sono esercizi
inefficaci, se non si tenta, invece di contribuire mediante una
concordata proposta operativa di miglioramento della scuola: “Io non so
se le cose andranno meglio, quando andranno diversamente, ma una cosa è
certa: dovranno andare diversamente”. Ed andranno diversamente se
si costruisce insieme.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it