Nel mese di maggio
le scuole vivono l'intensa esperienza delle prove Invalsi, momento
atteso e temuto, desiderato e contrastato, spesso motivo per scioperi e
alzata di scudi oppositivi.
Secondo alcuni operatori scolastici le prove sono "uno dei tanti
strumenti che si possono eventualmente utilizzare nella scuola per
valutare gli alunni"; a seconda dei casi, delle classi, dei contesti
socio-culturali territoriali. Come afferma Reginaldo Palermo su "La
Tecnica della scuola, "possono essere utili, possono non servire a
niente, a volte sono anche dannose! Ma purtroppo nei nostri
istituti questo tipo di dibattito è del tutto assente". Da una parte
alcuni sostengono che in questi anni è stato dato eccessivo peso alle
prove Invalsi in sede didattica, altri , come scrive Ninni Bonacasa,
direttore di Ceripnews, le considerano delle "provettine",
giudicando "patetico che docenti e Ds, in questi giorni si sbraccino
oltre ogni misura, per il buon esito delle stesse, peraltro raccontando
anche "storielle" sulla valutazione a genitori impreparati e, quindi,
non competenti".
Avendo vissuto sin dalle origini la gestione delle prove Invalsi, anche
con il compito di coordinatore dei valutatori regionali ritengo
doveroso segnalare la qualità e la bontà dell'operazione valutativa che
offre al Ministero uno spaccato radiografico della realtà scolastica
italiana da presentare all'esterno.
Gli esiti delle prove, pur con tutti i limiti, forniscono dei dati che
sono indicativi di un sistema scolastico e didattico che necessita di
continui miglioramenti.
Ritengo positiva l'azione educativa svolta, grazie e con la scusa delle
prove Invalsi, per far acquisire agli studenti la tecnica delle
risposte a scelta multipla, pratica adottata nei concorsi e nelle
selezioni per le ammissioni alle facoltà universitarie e che trovava
gli studenti impreparati a tale esercizio, anche se competenti nella
disciplina.
Rivedendo in percorso di questi anni di valutazione Invalsi si
evidenzia che al termine di ogni somministrazione venivano segnalate
delle carenze e delle imperfezioni che man mano sono state perfezionate
e migliorate sia nella scelta dei testi, sia nella pratica di
svolgimento.
Un nuovo stile di lavoro è stato offerto ai docenti nell'esercizio
della pratica valutativa che va letta non come rendicontazione
sommativa o punitiva, bensì come opportunità di verifica dei traguardi
conseguiti e prospettiva di miglioramento. Pratica ed esercizio che
solo lo svolgimento delle prove possono sollecitare e stimolare.
Guardando il positivo e non il rovescio della medaglia, le prove
Invalsi hanno contribuito a far maturare tra i docenti una nuova
cultura della valutazione e tra gli studenti una sana competizione ed
un impegno a mettere a frutto non solo le conoscenze scolastiche, bensì
le competenze di logica, di relazioni, di collegamenti tra i diversi
saperi e le tante discipline.
La scansione periodica delle prove per le classi seconde e quinte e per
gli esami hanno man mano fatto maturare una "normalità" per un evento
che veniva considerato prima estraneo e distaccato dalla vita
scolastica ordinaria. Ora fa parte dell'ordinario scolastico e non è
male che gli studenti utilizzino la preparazione alle prove come
verifica e ripasso di nozioni e conoscenze, sviluppando e potenziando
la competenza tecnica di saper rispondere ai quiz o a quesiti a
risposta aperta o chiusa.
Quanti hanno invocato delle prove "fatte in casa", si sono trovati
nella difficoltà di attuazione di un simile buon proposito, mente la
prova standard ha una valenza di carattere nazionale e uno stimolo al
confronto e al miglioramento vedendo che altri raggiungono i traguardi
alti.
L'errore finora commesso è stato quello di non valorizzare a pieno la
lettura degli esiti delle prove valutandone le sollecitazioni per un
miglioramento nella didattica disciplinare.
Il fatto che l'esito delle prove contribuisce insieme al RAV alla
stesura del Piano di miglioramento e quindi del Piano Triennale
dell'Offerta Formativa, se l'esito delle prove non coinvolge tutte le
classi interessate, ma solo quelle dei docenti che non hanno
scioperato, viene utilizzato un dato falsato che offre una lettura
imprecisa della situazione didattica della scuola e quindi sia il Piano
di miglioramento, che il Piano triennale risulta impreciso e inadeguato.
Buon lavoro ai docenti impegnati nelle prove Invalsi, che con tutti i
limiti di una prova standard, è una buona opportunità da saper cogliere
e valorizzare per il bene degli alunni. Tutto ciò dipende da noi che.....
ci crediamo.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it