La
scoperta della nuova galassia
SMM J2135-0102 e di tutte le altre nel passato e nel
futuro, ci induce sempre più a prospettare visioni di un Universo
olistico, in cui il piccolo e il grande, l’astrofisica così come
la fisica nucleare, hanno sempre più legami, se non essere in tutto
interdipendenti.
Tecla Squillaci
Redazione
La scoperta della nuova galassia SMM J2135-0102 ci
invita a riflettere, ancora una volta, che la nostra convinzione che
esista solo ciò che è osservabile, ovvero anche misurabile
sperimentalmente, è una certezza che non va intesa come definita, ma
come un processo “in fieri” che avanza gradualmente, assieme a noi e ai
mezzi stessi presenti e futuri di tale sperimentazione.
Anche se l’astrofisica è stata per anni relegata a un ruolo spesso
subalterno rispetto a scienze le cui teorie sono più
immediatamente constatabili, come la fisica meccanica, in realtà, in
una visione certamente più ampia delle possibilità conoscitive,
possiamo oggi considerarla a ragione la scienza che veramente scommette
sulle nostre conoscenze acquisite. In cui i termini di tale scommessa
non sono né la conferma né l’azzeramento di tutte le leggi fisiche ma
la loro ri-valutazione in un significato di più ampia ed imprevedibile
portata.
In realtà dobbiamo molto agli studi di Heisenberg, al suo famoso
principio dell’indeterminazione, alla sua rivoluzionaria concezione
secondo cui , anche dietro le asserzioni della fisica
quantistica, non si possa supporre un ordine deterministico che
sia a noi noto. Un principio che scardina anche il nesso di causalità
che è stato per secoli a fondamento della fisica classica e che , di
conseguenza, posta l’esatta conoscenza dello stato attuale di un
sistema, si possa prevederne il suo stato in futuro.
Nel 1944, un altro grande fisico, Schrodinger, scrive le sue
riflessioni in un libro Cos’è la vita in cui coniuga i metodi propri
della fisica quantistica allo studio della biologia e delle scienze
naturali in genere, studi che influirono sulla nascita delle
biologia molecolare. Ma c’è dell’altro. Per Schrondinger il
soggetto della conoscenza, ovvero l’uomo, si pone nel rapporto
conoscitivo come un qualunque oggetto conoscente, materiale,
“adattando” a se stesso la conoscenza e i dati empirici. L’epilogo di
questa concezione è alquanto inaspettata; l’uomo deve ritornare
al concetto greco di “sapienza” ( La natura e i greci, 1954) in
cui si riduca al minimo ogni soggettività umana ed i suoi limiti
unilaterali. Anni dopo anche E. Fermi si occuperà di alcune teorie di
Schrodinger, tra cui quella ondulatoria, scrivendo Sulla
meccanica ondulatoria dei processi d’urto.
La scoperta di questa nuova galassia e di tutte le le altre nel passato
e nel futuro, ci induce sempre più a prospettare visioni di un Universo
olistico, in cui il piccolo e il grande, l’astrofisica così come
la fisica nucleare, hanno sempre più legami, se non essere in tutto
interdipendenti.
Le teorie fisiche, la loro convalida pratica, hanno una grandissima
ingerenza in tutte le forme della conoscenza umana; già nell’Ottocento
un grande psicologo, quasi dimenticato da tutti, perché allontanandosi
dalla psicologia sperimentale di Wundt, mi riferisco a T. Fechner,
concepì una teoria della psicologia panteista assolutamente fuori da
tutti i canoni ortodossi degli studi di psicologia di allora. Una
visione dell’”integrum anti litteram” in cui anche le percezioni
sensoriali si riteneva fossero proprie di tutte le specie viventi, a
cominciare dalle piante. Le sue opere, La vita psichica delle piante,
e Nanna, studi sullo Zend Avesta, sono “poemi” di contemplazione
della natura, della sua armonia e della sua indissolubile unione nelle
parti anche quando la nostra visione di essa è frammentaria e disgiunta.
Tecla Squillaci
stairwayto_heaven@libero.it