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Umanistiche: Lucio Battisti.Grazie per le Emozioni

Rassegna stampa
Lucio Battisti. Grazie per le Emozioni      

Il 9 settembre di dieci anni fa si spegneva una delle voci che hanno fatto grande la musica italiana. Ripercorriamo insieme le tappe di Lucio Battisti la cui opera è stata il "canto libero" dei giovani degli anni Settanta e Ottanta
di Fabio Massimo Penna
 
A come Amico. Per scrivere un pezzo su Lucio Battisti non si può non iniziare citando le parole che Mogol dedica nel 2001 al cantautore di Poggio Bustone nel brano “L’arcobaleno”: “Mi manchi tanto amico/ caro davvero”. Un amico, un grande amico, per chi, come lo scrivente, è stato ragazzo negli anni Settanta, Lucio Battisti lo è stato davvero. I più impegnati ricorderanno quel periodo per il terrorismo e gli avvenimenti politici, ma per chi era preso dai primi turbamenti adolescenziali e dal desiderio di affermare la propria personalità tutto questo era solo lo sfondo sul quale si stagliavano potenti le prime delusioni e le prime pene dell' esistenza. Tutti sognavamo una “motocicletta 10 hp, tutta cromata, è tua se dici si” con la quale conquistare “Dieci ragazze”, tutti sentivamo il bisogno di esprimere il nostro “Canto libero” in un mondo che, sentivamo, “non ci vuole più”, tutti eravamo costretti ad accettare “Una donna per amico”, che era quella che ci piaceva di più ma che ci aveva relegato al ruolo, odiatissimo, di confidente. Nonostante incarnasse con i suoi brani le necessità dei giovani, il cantautore era ben lontano dalle regole di profitto che regolano abitualmente i prodotti giovanilistici: la musica di Battisti era musica “vera” e i testi di Mogol poesia pura. La ricorrenza dei dieci anni dalla scomparsa dell’artista ci permette di recuperare quel periodo di pieno di Emozioni. Le tue e le nostre, Lucio.

C come Canzone del sole. Con la spontanea freschezza, la sua semplice orecchiabilità “La canzone del sole” è uno dei brani italiani più amati di sempre. Per i chitarristi il giro di accordi del brano è un “must” sul quale testare le proprie qualità musicali. Un trascinante insieme di suoni parole che è stata una delle colonne sonore della vita italiana dei primi anni Settanta. Con la sua naturalezza il brano riempie il cuore e le serate dei giovani che non sanno resistere all’impulso di cantare a squarciagola l’incipit “Le bionde trecce/ gli occhi azzurri e poi” o a ripetere giocosamente il ritornello “O mare nero o mare nero o mare ne”.

E come Emozioni. Nel 1970 esce il secondo album di Battisti, “Emozioni”, nel quale sono raccolti dodici brani tra quelli già usciti in 45 giri. Si tratta di un lp straordinario formato da canzoni che passeranno alla storia della musica italiana. Da “Acqua azzurra acqua chiara”, brano con il quale il cantautore aveva vinto il Festivalbar nel 1969, all’intensa e vibrante “Emozioni” (indimenticabili le parole come nel passaggio che recita “E prendere a pugni un uomo solo/ perchè è stato un po' scortese/ sapendo che quel che brucia non son le offese/e chiudere gli occhi per fermare/ qualcosa che/ è dentro me/ ma nella mente tua non c'è / Capire tu non puoi/ tu chiamale se vuoi/ emozioni/ tu chiamale se vuoi/ emozioni”), allo scatenato ritmo di “Dieci ragazze”, ai disperati e angoscianti autoinganni del brano “Non è Francesca”, alla melodrammatica e trionfale “Mi ritorni in mente”, al crescendo di pathos musicale di “Il tempo di morire”.

Festival di Sanremo. Nel 1969 Lucio Battisti partecipa al Festival di Sanremo. Il brano presentato, scritto insieme a Mogol, è “Un’avventura” e il cantante di Poggio Bustone è abbinato a Wilson Pickett. La vittoria finale va a Iva Zanicchi e Bobby Solo con il brano “Zingara”, mentre Battisti e Pickett chiudono in nona posizione. Quella del 1969 è l’unica partecipazione di Battisti al Festival della canzone italiana.

L come Libero. La sinfonica e melodiosa base musicale dal lento incedere di “Il mio canto libero” accompagna uno dei più bei testi di un brano musicale mai scritti. Il pezzo è uno dei classici della canzone italiana. Ma altre perle compongono questo splendido album che mostra come l’accoppiata Mogol-Battisti nel 1972 avesse oramai raggiunto la piena maturità artistica. Dall’elegante “Io vorrei, non vorrei ma se vuoi”, che nella sua ariosità ricorda la grande tradizione delle romanze, all’elaborato duetto pianoforte-organo che arricchisce “Vento nel vento”, fino all’acuta ironia contenuta in “Gente per bene e gente per male”.

M come Mina. Un sogno per qualsiasi amante della musica. Mina e Lucio Battisti insieme. La sera del 23 aprile 1972, che con Lucio Dalla potremmo definire “La sera dei miracoli”, nel corso del programma televisivo “Teatro 10” Mina e Lucio Battisti si esibiscono in otto minuti e cinquantotto secondi di musica da paradiso che scandiscono un indimenticabile medley di successi: “Insieme”, “Mi ritorni in mente”, “Il tempo di morire”, “E penso a te”, “Io e te da soli”, “Eppur mi son scordato di te”, “Emozioni”.
Chi ha la fortuna di trovarsi davanti al televisore in quel momento gode di uno spettacolo eccezionale. “Che Mina fosse un fenomeno, con un microfono in mano, non è certo un mistero. Che dal vivo sia un fenomeno anche Battisti, insomma, alla fine di quegli otto minuti e cinquantotto secondi diventa chiaro a tutti, almeno a tutti quelli in buona fede: non si regge il confronto con la Divina, se mancano i fondamentali, se non ci sono le basi, se si è al massimo buoni per le ‘basi’ del playback” (Leo Turrini, “Battisti. La vita, le canzoni, il mistero”, Arnoldo Mondadori editore, Milano, 2008). Nel 1975 Mina dedica un Lp ai grandi successi del cantautore di Poggio Bustone in “Mina canta Lucio” regalando la sua splendida voce a “I giardini di marzo”, “Il nostro caro angelo”, “Dieci ragazze”, “Innocenti evasioni”, “7 e 40”, “Emozioni”, “Fiori di rosa fiori di pesco”, “29 settembre”, “L’aquila”, “Non è Francesca”.
Mina Anna Mazzini è la grande signora della musica italiana, la donna dalle qualità vocali uniche. I suoi successi sono indimenticabili: da “Le mille bolle blu” a “Se telefonando” a “E se domani” a “Grande, grande, grande” ad “Amor mio”. Nel 1960 e nel 1961 è presente al Festival di Sanremo: nella prima occasione il brano “È vero”, interpretato con Teddy Reno, si piazza all’ottavo posto, mentre l’anno successivo “Le mille bolle blu”, interpretata con Jenny Luna, si piazza quinta. Alla grande qualità musicale Mina abbina una presenza simpatica e spigliata che la rende un volto molto amato della televisione italiana: è tra i presentatori di “Studio Uno” e conduce “Teatro 10” con Alberto Lupo e “Milleluci” con Raffaella Carrà.

P come Panella. Quello toccato al poeta e paroliere romano Pasquale Panella è forse uno dei compiti più ingrati e difficili nella storia della musica italiana. È infatti chiamato da Lucio Battisti a sostituire il grande Mogol come autore dei suoi testi. Quella di Panella è una scrittura estremamente raffinata e anticonvenzionale fondata sul gioco di parole e sul nonsense (“In nessun luogo andai/ per niente ti pensai/ e nulla ti manda/ per mio ricordo/ Sul bordo m'affacciai/ d'abissi belli assa/ Su un dolce tedio a sdraio/ amore ti ignorai/ invece costeggiai” da “Le cose che pensano” in “Don Giovanni”). “Don Giovanni”, “L’apparenza”, “La sposa occidentale”, “Cosa è successo alla ragazza” ed “Hegel” sono gli album frutto della proficua collaborazione tra il paroliere e il cantautore. Evitando giustamente qualsiasi confronto con il genio inarrivabile di Mogol, Panella ha saputo lasciare una sua impronta originale e assolutamente personale all’interno della produzione di Battisti. Tra le altre sue collaborazioni vanno ricordate quelle con Zucchero, Angelo Branduardi, Gianni Morandi, la Premiata Forneria Marconi, Mango e Sergio Cammariere.

P come Politica. Gli anni che vedono il grande successo musicale di Battisti sono quelli in cui in Italia ogni cosa doveva per forza venir buttata in politica. Figurarsi se un personaggio così popolare presso il pubblico giovanile come Battisti poteva sottrarsi alla furia etichettatrice dell’epoca. Il cantante aveva sempre dedicato tutta la sua attenzione alla musica, senza preoccuparsi di dichiarare pubblicamente l’appartenenza a qualsiasi schieramento politico. Si disse allora che Lucio Battisti era fascista. Una voce che oggi quasi tutti sono concordi nel considerare alla stregua di una leggenda. Come sottolinea Alessandro Bertasi: “Il suo canto era e dovrà rimanere libero. È giunto il momento di lasciare che le polemiche di una sua vicinanza alla destra si spengano come purtroppo prematuramente, dieci anni fa, si è spento Lucio Battisti. L’origine dell’equivoco ebbe luogo durante un programma tv, quando il braccio levato di Battisti per dare il tempo ai musicisti dietro di lui fu scambiato per un saluto romano” (Alessandro Bertasi, “Destra e sinistra concordi niente etichette per Lucio” su “Il tempo” 8-9-2008).
L’episodio che scatenò la ridda di ipotesi sulle tendenze politiche del cantautore viene ricordato anche da Leo Turrini: “Nell’estate del 1971, Lucio e Giulio [Rapetti, in arte Mogol, nrd] avevano accettato di realizzare una trasmissione per il secondo canale della Rai. Nelle loro intenzioni, doveva essere una serata dedicata a tutti gli amici con cui avevano collaborato, da Bruno Lauzi, alla Premiata Forneria Marconi. Passando per i Dik Dik. E così fu per la gioia di milioni di telespettatori. Solo che. Solo che, nell’avviare il coro finale del brano 'E penso a te', Battisti alzò il braccio destro. Era un movimento naturale, dettato dalle esigenze in sala di registrazione. Niente che dovesse richiedere una spiegazione. Almeno, in un paese civile. Purtroppo per Lucio e per tanti altri, l’Italia civile non era. Almeno, non tutta. Lo dimostra il seguito della storia: il fermo-immagine diventa una istantanea. La fotografia finisce, chissà come, nelle mani di extraparlamentari di sinistra. A Roma. I militanti in questione dispongono di una robusta dose di creatività. Così, traducono il Battisti con il braccio alzato in un documento ciclostilato e poi distribuito davanti alle scuole della capitale, Lo vedete quel tizio che fa il saluto romano? È il vostro cantante preferito. Datevi una regolata” .

R come Rapetti. Quando nel 1965 Giulio Rapetti incontra Lucio Battisti pochi forse avrebbero potuto immaginare che tra i due sarebbe scattata un’intesa artistica in grado di cambiare la storia della musica italiana. Il paroliere milanese aveva già scritto un testo di successo come “Una lacrima sul viso”, cavallo di battaglia di Bobby Solo, e si era messo in evidenza con le sue traduzioni dei brani di Bob Dylan. Battisti si stava facendo strada come chitarrista nel gruppo dei Campioni e aveva cominciato a comporre brani suoi. I due insieme scrivono il brano “Dolce di giorno”, interpretato dal cantante di Poggio Bustone su consiglio dello stesso Rapetti. È l’esordio dell’accoppiata Mogol – Battisti che diventerà il duo principe della musica italiana negli anni Settanta. L’alchimia che si crea tra i due è straordinaria: le musiche di Battisti sono di struggente bellezza ma orecchiabili, i testi di Mogol poesia pura. Una poesia contemporanea capace di regalare immagini indimenticabili come “La veste dei fantasmi del passato/cadendo lascia il quadro immacolato” o “Fiumi azzurri e colline e praterie/dove corrono dolcissime le mie malinconie/l’universo trova spazio dentro me/ma il coraggio di vivere, quello, ancora non c’è”.
I due insieme firmano una serie sterminata di straordinari (e indimenticabili) successi: “E penso a te”, “Balla Linda”, “Il tempo di morire”, “Emozioni”, “Mi ritorni in mente”, “Anna”, “Un’avventura”, “Non è Francesca”, “I giardini di marzo”, “Il mio canto libero”, “Ancora tu”, “Amarsi un po’”, “Sì, viaggiare”, “Nessun dolore”, “Una donna per amico” solo per citarne alcuni. Nel 1980 con “Una giornata uggiosa” finisce la collaborazione tra Mogol e Battisti, chiudendo di fatto una delle pagine più belle della musica italiana. Nell’album del musicista di Poggio Bustone “E già” i brani sono firmati Battisti – Velezia (pseudonimo della moglie Grazia Letizia Veronese) mentre gli lp “Don Giovanni”, “L’apparenza”, “La sposa orientale”, “Cosa succederà alla ragazza”, “Hegel” vedono la collaborazione tra Battisti e il poeta, scrittore e paloriere Pasquale Panella. Il dopo-Battisti è per Mogol segnato dagli lp di Riccardo Cocciante “Cervo a primavera” e “Cocciante”e dalla collaborazione con Adriano Celentano per gli album “Io non so parlar d’amore”, “Esco di rado e parlo ancora meno”, “Per sempre”, “C’è sempre un motivo”, “Dormi amore, la situazione non è buona”.

Una donna per amico. Per incidere il suo dodicesimo album Lucio Battisti si chiude nello studio di registrazione "The Manor" in Inghilterra e il dicembre del 1978 vede l’uscita di un supremo capolavoro. La coppia Mogol-Battisti, sapientemente assistita dall’arrangiatore Geoff Westley, crea un disco estremamente raffinato, una geniale commistione di arte ed esigenze commerciali. La felice vena dei due analizza i rapporti di coppia mostrando spaccati di paure, incomprensioni, egoismi in otto gioielli musicalmente e poeticamente perfetti. Si fa fatica a trovare un brano nettamente superiore agli altri, data la elevatissima qualità generale del disco. I sette minuti e cinquanta della splendida “Prendila così” diventano occasione per le cover di Anna Oxa, Paolo Vallesi e dei Delta V. La lirica di Mogol alterna momenti di gioiosa leggiadria (“chieder gli opuscoli turistici/della mia città/ e con te passare il giorno/ a visitar musei/ monumenti e chiese, parlando inglese/ e tornare a casa a piedi/ dandoti del lei/ perché no, perché no, perché no/perché no, scusi lei mi ama o no/ non lo so però ci sto”) a intense melanconie (“Aver paura d'innamorarsi troppo/non disarmarsi per non sciupare tutto/non dire niente per non tradir la mente/ è un leggero dolore che però io non so più sopportare”). La title track è il brano che dà il titolo all’intero album ma in realtà tutti i pezzi avrebbero il diritto di venir utilizzati per il singolo. La scelta cade su “Una donna per amico” poiché il brano, orecchiabilissimo e dagli arrangiamenti perfetti, con il suo ritmo si presta a venir ballato nelle discoteche e a esser passato alla radio.

Fabio Massimo Penna








Postato il Mercoledì, 17 settembre 2008 ore 16:40:57 CEST di Agnese Indelicato
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