L'effetto Mozart esiste
Ascoltare musica di Mozart non è solo un piacere, ma si rivela sempre più una autentica fonte di benessere per il corpo e la mente. Una ulteriore conferma del cosiddetto 'effetto Mozart', studiato a partire dal 1993, arriva da una ricerca effettuata dal Mind Institute di Costa Meza in California e pubblicato dalla rivista Neurological Research.
Lo studio è stata eseguito utilizzando due serie di topolini, per una volta non sottoposti a chissà quale sadico esperimento, ma semplicemente all'ascolto sistematico di musica classica. Certo, un minimo di crudeltà traspare comunque dal fatto che un primo gruppo di povere bestioline è stato costretto ad ascoltare la Sonata di Mozart K448 per 12 ore al giorno per 10 settimane.
Non è andata molto meglio ad un secondo gruppo di topolini, sottoposti al brano ''Per Elisa'' di Beethoven per lo stesso periodo di tempo e con la stessa intensità. La scelta di questo brano di confronto non è casuale. Precedenti studi di imaging funzionale avrebbero dimostrato che "Per Elisa" non attiverebbe le stesse aree celebrali.
Dopo 6 ore di silenzio, ad entrambi i gruppi di topolini sono state testate le capacità di ''ragionamento spazio-temporale'', in pratica le funzioni cognitive di apprendimento e memoria, con il classico test del labirinto. I ricercatori hanno così verificato che i topolini "appassionati" di Mozart, oltre a compiere un minor numero di errori, si sono rivelati anche più veloci nell'eseguire i test.
La superiorità di questi topolini è rimasta intatta anche riducendo l'esposizione di musica del 58% e facendo trascorrere 24 ore di silenzio prima del test, come a significare che l'effetto Mozart sul cervello non è transitorio, ma durevole nel tempo.
Non tutti gli studiosi sono concordi nel valutare la rilevanza scientifica di questi risultati. Non si escude comunque che in un prossimo futuro la musica di Mozart possa assumere davvero un effettivo ruolo terapeutico, ad esempio nell'aiutare a rallentare i sintomi di epilessia, alzheimer o altri disturbi neurodegenerativi.
Ascoltare musica di Mozart non è solo un piacere, ma si rivela sempre più una autentica fonte di benessere per il corpo e la mente. Una ulteriore conferma del cosiddetto 'effetto Mozart', studiato a partire dal 1993, arriva da una ricerca effettuata dal Mind Institute di Costa Meza in California e pubblicato dalla rivista Neurological Research.
Lo studio è stata eseguito utilizzando due serie di topolini, per una volta non sottoposti a chissà quale sadico esperimento, ma semplicemente all'ascolto sistematico di musica classica. Certo, un minimo di crudeltà traspare comunque dal fatto che un primo gruppo di povere bestioline è stato costretto ad ascoltare la Sonata di Mozart K448 per 12 ore al giorno per 10 settimane.
Non è andata molto meglio ad un secondo gruppo di topolini, sottoposti al brano ''Per Elisa'' di Beethoven per lo stesso periodo di tempo e con la stessa intensità. La scelta di questo brano di confronto non è casuale. Precedenti studi di imaging funzionale avrebbero dimostrato che "Per Elisa" non attiverebbe le stesse aree celebrali.
Dopo 6 ore di silenzio, ad entrambi i gruppi di topolini sono state testate le capacità di ''ragionamento spazio-temporale'', in pratica le funzioni cognitive di apprendimento e memoria, con il classico test del labirinto. I ricercatori hanno così verificato che i topolini "appassionati" di Mozart, oltre a compiere un minor numero di errori, si sono rivelati anche più veloci nell'eseguire i test.
La superiorità di questi topolini è rimasta intatta anche riducendo l'esposizione di musica del 58% e facendo trascorrere 24 ore di silenzio prima del test, come a significare che l'effetto Mozart sul cervello non è transitorio, ma durevole nel tempo.
Non tutti gli studiosi sono concordi nel valutare la rilevanza scientifica di questi risultati. Non si escude comunque che in un prossimo futuro la musica di Mozart possa assumere davvero un effettivo ruolo terapeutico, ad esempio nell'aiutare a rallentare i sintomi di epilessia, alzheimer o altri disturbi neurodegenerativi.