In linea di
continuità con le Indicazioni Nazionali per le scuole del Primo Ciclo,
presentate dal Ministro Fioroni nel 2007 e approvate con durata
biennale, poi prorogate per ulteriori tre anni in fase
sperimentale, l’attuale Governo ha emanato le nuove Indicazioni
nazionali datate 30 maggio 2012 e approvate nel 2013.
Per il prossimo anno scolastico le nuove Indicazioni dovrebbero
costituire un puntuale riferimento per tutte le scuole del Primo Ciclo
nell’ottica di un miglioramento della didattica resa funzionale ed
organica mediante la redazione del Curricolo verticale che descrive
nella gradualità lo sviluppo delle competenze del singolo studente,
punto centrale dell’azione educativa e formativa della scuola.
L’esigenza di dotare la scuola pubblica del nostro Paese di alcuni
punti di riferimento, scrive Giancarlo Cerini, componente del nucleo
redazionale delle nuove Indicazioni, anche al fine di
riconfermare la vocazione inclusiva, democratica e costituzionale del
nostro sistema scolastico, orientando le scelte professionali dei
docenti, è formalmente riconosciuta da tutti, anche se alcuni si
trincerano nell’opacità del non cambiare nulla, dell’aver fatto sempre
così, della paura aprioristica di ogni espressione che fa palesare
innovazione e mutamento.
La lettura, riflessione, aggiornamento sulle nuova Indicazioni dovrebbe
essere salutata come una positiva occasione per rimettere in
discussione alcune prassi scolastiche, che oggi si rivelano di scarsa
efficacia.
Nel monitoraggio del novembre 2011 alla domanda “Qual è la pratica
didattica più diffusa nella tua scuola” il 76% ha risposto : “la
lezione frontale”.
La risposta di massa si collega anche alla riduzione delle ore e del
personale docente, la mancanza delle ore di compresenza, e quindi la
lezione frontale, semplice trasmissione di nozioni e dati crea sempre
più profondo il distacco tra insegnamento e apprendimento, non
riuscendo a creare un costruttivo ambiente di apprendimento e
mortificando di fatto la relazione educativa che la “comunità
professionale” dei docenti ha il compito di metter in atto.
Nel testo sono presenti delle espressioni che meritano particolare
attenzione e diligente studio, così da tradurle in prassi di ordinaria
attività scolastica.
Occorre quindi che qualcosa di positivo si possa dare ai ragazzi
anche in considerazione che le nuove classi di oggi sono molto
“colorate” e numerosi sono gli alunni extracomunitari, e la scuola ha
il dovere di aprirsi praticamente e non solo a parole alla
multiculturalità.
Sono necessari nuovi metodi e nuove strategie metodologiche,
utilizzando anche le nuove tecnologie LIM e Web che favoriscono una
maggiore possibilità di incontrare i saperi e il docente ha i compito
di veicolare le conoscenze verso i comuni obiettivi per sviluppare
nello studente adeguate competenze.
Questi due riferimenti: le nuove tecnologie nella
didattica e la multiculturalità interrogano gli operatori scolastici ad
adottare sistemi e metodi adeguati.
Cominciare sin da adesso alle operazioni di avvio del prossimo anno
scolastico è segno di managerialità dirigenziale e istituire
gruppi operativi di studio e occasioni di aggiornamento per
i docenti è quanto mai indispensabile.
Tra le novità delle Indicazioni nazionali c’è quella poco gradita a
tanti e riguarda il riconoscimento delle prove Invalsi come strumento
necessario e indispensabile per dare contezza dei traguardi di crescita
e di sviluppo del sistema nazionale di istruzione.
A questa proposta, che costituisce soltanto una breve pausa nel
mese di maggio, molti docenti intendono rispondere con la
protesta della “(S)valutazione”
“Tenete a casa i figli nei giorni in cui a scuola ci saranno i test
Invalsi, oppure mandateli a scuola dicendo loro di non
sostenerli”. E’ questo l’invito, rivolto ai genitori dalla ‘Rete
delle scuole fiorentine’, un’organizzazione cui aderisce un variegato
schieramento di insegnanti, studenti e genitori ostili allo svolgimento
dei test Invalsi. Gli insegnanti in molti casi sono
perplessi, anche in considerazione del carattere
“ordinario” delle rilevazioni nazionali degli apprendimenti, ribadito
dalla legge n. 35/2012 (art. 51, comma 2), e quindi la loro
obbligatorietà, lascia ai docenti solo l’alternativa dello sciopero,
proclamato dai Cobas, come già lo scorso anno scorso con
limitati risultati e riproposto anche quest’anno, nei giorni
7,14,16 maggio date previste per la somministrazione delle prove
nei diversi ordini di scuola.
Poco convincenti e per nulla sincere appaiono le pretestuose
motivazioni circa la , “strategia per cui questo metodo di
valutazione dovrebbe diventare perno di tutto il sistema; ciò
porterebbe ad un monitoraggio sulle scuole di tipo invasivo”, volto “a
far diventare la scuola un addestramento sulla base di un indicatore e
i docenti degli impiegati”.
Si tende, invece, a far conseguire ai docenti, professionalmente
bravi,traguardi e certificazioni riconosciute e validate da una
verifica nazionale a largo raggio e con diversi campi di relazioni e
confronti: di Istituto, di Comune, di Provincia, di Regione in
riferimento alla media nazionale.
L’impegno professionale di esercitazioni per le prove Invalsi attuate
nel corso dell’anno, dai docenti delle classi coinvolte alle
prove, ha di fatto prodotto tra gli studenti l’acquisizione di
una maggiore consapevolezza e confronto con i nuovi metodi di
valutazione a quiz , pratica adottata in tutti i concorsi e tutto
ciò ha contribuito per gli alunni lo sviluppo delle capacità di
attenzione, concentrazione, selezione che difficilmente si esercitano
nell’ordinario svolgimento delle lezioni.
Il boicottaggio dei test, come si legge su TuttoScuola, più nella forma
del rifiuto di sottoporli agli alunni che in quella dello sciopero, ha
precedenti in altri Paesi, ma ha avuto sempre scarso successo.
Anche le forti opposizioni registrate in Gran Bretagna, nel 1988
contro l’introduzione dei test, previsti dal National Curriculum voluto
dal governo di Margaret Thatcher, malgrado l’ampiezza della protesta, i
test finirono per essere accettati.
Nel ricordo della Lady di ferro ben vengano positivi auspici per la
scuola italiana.
Giuseppe Adernò
g.aderno@alice.it